Cuore di tufo, di Giuseppe Chiodi

Quando si parla di fantasy, i primi autori che vengono in mente sono quasi sicuramente stranieri. Tolkien, Rowling, Pratchett, Martin, Sanderson, eccetera. Gli autori italiani sono effettivamente pochi e quasi mai questi escono dai soliti schemi preconfezionati, già sondati dagli autori esteri.
In questo caso mi riferisco a scrittori professionisti, pubblicati da grosse case editrici. Al di là di questo bel mondo ne esiste un altro, sommerso, oscurato e quasi anonimo: quello degli autori emergenti (o aspiranti tali). Ma per quanto sia un mondo messo in ombra, si ha la possibilità di trovare molte più chicche originali di quante non se ne abbia girando tra gli scaffali delle librerie. Con un po’ di fortuna, si trovano romanzi molto validi.

Questo riferimento a mondi insondati e misteriosi non è casuale, poiché è ciò di cui parla il libro che vado a recensire: Cuore di tufo, di Giuseppe Chiodi.
Nella sfera del blogging, Giuseppe è conosciuto come Il palombaro e gestisce il sito Immersività.

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Scheda
Titolo originale: Cuore di tufo
Autore: Giuseppe Chiodi
Genere: Urban fantasy
Numero di pagine: 128
Anno: 2018
Editore italiano: Dark Zone
Lingua originale: italiano e napoletano

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Trama

Napoli. Incapace di accettare la separazione dalla moglie, l’antiquario Pietro Cimmino si rifugia in una cieca superstizione. Ogni giorno la sua vita è scandita da gesti scaramantici, “fatture” e invocazioni di spiriti, nella speranza di un riscatto che non arriva mai.
La passione improvvisa per la giovane Dafne scatena però la gelosia di uno spirito presente nella casa di famiglia. Da quel momento, per Pietro inizia un viaggio in un mondo oscuro e mortale, che minaccia la sua stessa vita e quella della piccola Sonia, la sua bambina.

L’ambulante ulula le strofe con fare struggente. I turisti fanno capannello sotto la scalinata, più attratti dalla vista che dalla musica. Su di loro si erge la grandiosa basilica di San Paolo Maggiore, con la sua aura pagana e la facciata imperiosa. Gli sguardi cadono sui solchi, sulle colonne finte e su quelle dei Dioscuri. Difficile non farsi distrarre da quelle righe ipnotiche quando si cammina.

(Incipit)

Cuore di tufo è soprattutto una storia di ossessione. Ossessione del protagonista per la sua ex moglie e per la loro storia ormai finita, ossessione per i rituali scaramantici e “magici”, ossessione alla ricerca delle sue origini e di un riscatto che sembra non arrivare mai.
Pietro Cimmino vive congelato in un passato che non riesce proprio a lasciar andare. Non per niente di lavoro fa l’antiquario e vive ancora nell’antica casa di famiglia, anche lì circondato da antichità.

La vita di Pietro è scandita da riti scaramantici volti soprattutto a ingraziarsi gli spiriti. Su tutti la bella ‘Mbriana, protettrice della casa. Ogni volta che Pietro si trova a parlare con Mariangela, la sua ex moglie, ecco che si riaprono ferite mai cicatrizzate che lo portano a lanciarle “fatture” di ogni genere, senza mai colpire nel segno. Possibile che tutto quello in cui ha sempre creduto non sia che mera superstizione? Le speranze di Pietro vacillano.
Poi conosce Dafne, giovane apprendista antiquaria che si offre di lavorare per lui. Con lei si lascia andare alla passione ma questo scatena la gelosia della bella ‘Mibrana. O almeno, così sembra.
Da quel momento non è in gioco solo la vita dello stesso Pietro, ma anche della piccola Ausonia, detta Sonia, la sua bambina. Pietro si trova ad affrontare un mondo oscuro, che fino ad allora credeva di conoscere. Ma come spesso succede, la teoria è molto diversa dalla pratica.

A fare da sfondo alle vicende non poteva che essere Napoli, la città che più di ogni altra si tiene stretta secoli di tradizioni mai dimenticate e mai tradite.
Giuseppe lascia sullo sfondo la Napoli che siamo abituati a conoscere. Ci conduce nelle sue viscere, per i suoi lunghi cunicoli sotterranei e poi oltre il limite che separa la realtà dall’altro mondo. Un mondo popolato da antichi spiriti e spiritelli, quasi mai benevoli. Conosciamo la bella ‘Mbriana, la Janara e il Monaciello. Il folklore partenopeo è particolarmente ricco, ma Giuseppe si concentra su questi tre spiriti, tra i più venerati e temuti dai campani.

Napoli sotterranea
La Napoli sotterranea

Il risultato è una storia originale, uno urban fantasy alla Nessun Dove di Gaiman, ma senza scopiazzature e dal sapore squisitamente nostrano.
L’autore dimostra di conoscere bene il folklore della sua città, ma a mio avviso da’ un po’ troppo per scontato che anche i lettori lo conoscano. Il romanzo è piuttosto breve e non si sofferma a dare troppe spiegazioni, lasciando a volte una sensazione di straniamento. Qualche nota a fondo pagina o un glossario, avrebbero aiutato i lettori “ignoranti” in materia ad avere una contestualizzazione più precisa.

I personaggi

Pietro Cimmino è il protagonista assoluto ed è su di lui che si concentra la storia. La sua superstizione è causa di molti suoi problemi, ma allo stesso tempo è proprio a causa dei suoi problemi che si rifugia sempre più a fondo in queste superstizioni. Un circolo vizioso che lo porta ad avere difficoltà relazionali, economici e, soprattutto, di autostima. Il suo rapporto più importante è quello con Sonia, bambina di dieci anni molto sveglia e simpatica. Lei è tutto il suo mondo ed è per lei che Pietro si scopre capace di affrontare qualsiasi pericolo.

Più particolare è il personaggio che si fa chiamare Harry Potter, un camorrista che deve il soprannome alla sua passione per il fantasy. Pietro lo incontra durante il suo viaggio nel cuore sotterraneo della città e a ogni scena si rimane sempre col dubbio se aiuterà il protagonista o finirà con l’ammazzarlo.

E poi ci sono gli altri, gli abitanti di quella Napoli nascosta agli occhi di tutti (tutti quelli che non credono in loro, ovviamente). Il monaciello, abitante dei sotterranei, figura che sa essere generosa, ma anche molto vendicativa se non si sta attenti. La bella ‘mbriana, spirito protettore delle case che prende la forma di una donna giovane e bellissima. E la janara, strega vendicativa.
Sono loro la componente fantastica che dirige la storia e mettono i personaggi in situazioni tutt’altro che piacevoli.

Munaciello
‘O munaciello, a chi arricchisce e a chi appezzentisce

Lo stile dell’autore

Come lascia intuire il nome del suo blog, la scrittura di Giuseppe è particolarmente immersiva, ovvero diretta, precisa, che va subito al dunque senza giri di parole. La storia è narrata in prima persona, col punto di vista ben fisso su Pietro e non scivola mai al di fuori della sua testa.
Pietro conosce i rituali magici e scaramantici della sua cultura, così come conosce gli spiriti che fanno parte della tradizione; noi lettori li vediamo attraverso i suoi occhi esperti. L’autore non irrompe mai nella storia per sbrodolare informazioni ed è abile anche nell’evitare quei dialoghi irrealistici (e fastidiosi) del tipo “come tu ben sai…(segue spiegone indirettamente rivolto al lettore)”.

Il ritmo della narrazione è incalzante per tutto il romanzo, con una particolare accelerazione negli ultimi capitoli. Come ho detto, a volte ne risulta un po’ sacrificato quel contesto che aiuterebbe anche il lettore più inesperto a immergersi nell’ambientazione, ma è sicuramente uno stile molto apprezzabile. Si vede che l’autore ha lavorato di fino in fase di editing.
La lettura del romanzo ne risulta molto piacevole e scorrevole. Va detto che alcuni dialoghi sono parzialmente in lingua napoletana (vi prego, non chiamatela dialetto!). Ammetto che in questi punti ho dovuto rallentare la lettura per riuscire ad avere ben chiaro il senso delle frasi. Tuttavia, pur essendo milanese e non conoscendo il napoletano, posso dire di non aver avuto particolari problemi a capire questi dialoghi. Sarà perché le frasi non sono lunghe, né particolarmente complicate, ma sono riuscita a tradurre tutto. Il contesto, aiuta molto e la narrazione non ne risente.

Solo sul finale devo fare un vero e proprio appunto: mi è sembrato un po’ troppo frettoloso e mi ha dato la sensazione di essere stato tranciato di netto. Un capitolo in più non avrebbe allungato di molto la storia e avrebbe potuto dare un senso di maggior completezza.

Fantasma di ragazza
La bella ‘mbriana (o qualcuno di simile 🙂 )

In conclusione, consiglio vivamente Cuore di tufo a chiunque ami un fantasy moderno, fresco e capace di uscire dagli schemi. E’ un libro scritto bene, accattivante e permette di conoscere un aspetto del nostro Paese purtroppo non abbastanza conosciuto e apprezzato come dovrebbe. Leggere il libro mi ha fatto venir voglia di scoprirne di più sul folklore, partenopeo e non solo.

La grande editoria italiana purtroppo non punta mai abbastanza sugli autori del nostro Paese e comunque non su quelli capaci di distinguersi con storie un po’ diverse dal solito. Forse sarebbe ora di cambiare rotta. Come si vede, gli autori meritevoli non mancano.

Voto complessivo: Tre stelle e mezzo Ottimo lavoro

Il blog di Giuseppe è Immersività. Potete trovarlo anche sulla sua pagina Facebook.


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12 pensieri su “Cuore di tufo, di Giuseppe Chiodi

  1. Ma che sorpresa! Bellissima recensione, Chris, ti ringrazio! Finalmente una milanese che non si lamenta dei dialoghi napoletani… e concordo al 100% con te sul ritmo troppo sostenuto verso la fine (con conseguente danno al contesto). Ti prometto che il prossimo romanzo ti piacerà ancora di più 😉 grazie ancora di cuore per i bei complimenti, significano molto.
    Unico appunto: per qualche motivo, nel titolo dell’articolo e nella scheda del libro hai scritto “Stefano Chiodi” invece di “Giuseppe Chiodi” 😛

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  2. Ho corretto. Scusami, mi era proprio sfuggito. E’ il mio solito vizio di voler fare più cose contemporaneamente; poi mi confondo e faccio figuracce! 😛
    Sono contenta che ti sia piaciuta la mia recensione.
    Non è facile essere obiettivi sapendo che l’autore leggerà la recensione ma trovo che sia giusto segnalare sempre ciò che più piace di un romanzo e ciò che sembra stonare; non tutti sono disposti ad accettarlo, ma io sono convinta che aiuti molto di più di una ma… sviolinata!
    In bocca al lupo per il prossimo romanzo e per il successo di Cuore di tufo.

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    1. Fai bene a essere onesta, Chris. È difficile incassare le critiche, soprattutto se non le si condivide per nulla o se la recensione non mette in luce alcuna qualità del romanzo (mi è capitato, purtroppo), ma ci si fa il callo. Viva il lupo!
      Ps: leggo ancora di Stefano Chiodi nel titolo… ma chi è ‘sto tipaccio??

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  3. Il Fantasy italiano esiste, ma rimane un mercato di nicchia: poche sono le case editrici che lo pubblicano (Dark Zone, Plesio, Origami), un peccato perché la Penisola è piena zeppa di bravi autori che sono una risposta intelligente al fantasy d’oltre oceano (Longo, Cencini, Cortese…) !

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    1. Concordo. Purtroppo le case editrici “importanti” non rischiano puntando su questi autori. Preferiscono puntare su temi e nomi che già sanno avere successo. Paradossalmente, dimostrano più coraggio le piccole case editrici che hanno tutto da perdere.

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